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L'impeccabilità di Gino Cecchettin.

  • Alessandro Morelli
  • 5 dic 2024
  • Tempo di lettura: 2 min

Aggiornamento: 11 dic 2024

Una lezione di cittadinanza da parte del padre di Giulia.

Le parole di Gino Cecchettin a seguito della sentenza all’ergastolo comminata a Filippo Turetta per l’omicidio di Giulia sono un’analisi impeccabile del problema del patriarcato, del femminicidio e in generale del concetto di giustizia.

Gino Cecchettin incarna il dolore di un padre a cui è stata portata via una figlia e indossa questo dolore con un’eleganza infinita e lo affronta con estrema lucidità.

Le parole fuori dal tribunale sono l’esatta rappresentazione di ciò:


"La mia sensazione? è che abbiamo perso tutti come società, nessuno mi ridarà indietro Giulia, e io non sono né più sollevato né più triste di ieri e/o di domani”


“Cos’ho provato dopo la sentenza? Pensavo di rimanere impassibile, penso sia stata fatta giustizia e rispetto la sentenza, ma la violenza di genere non si combatte con le pene, bensì con la cultura. Come essere umano mi sento sconfitto. Come papà non è cambiato nulla rispetto a un anno fa”


“Non entro nel merito della pena perché ho sempre detto che non l'avrei fatto.”


“La battaglia adesso continua, ed è una lotta che va fatta soprattutto nella società, non nelle aule dei tribunali, è un percorso che dobbiamo fare come società”


“Ero impassibile avrei accettato qualsiasi verdetto; ma quando è arrivato ho capito che essere qui, tutti, vuol dire che abbiamo perso tutti la battaglia. E parlo come cittadino, non come padre. Adesso guardiamo avanti, cercando di non trovarci più qui con altri papà, con altri giornalisti. Aiutateci in questo percorso perché c'è tanto da fare”


“Oggi eravamo qui per un percorso legale, per un patto sociale che la società si dà. Non è questa la sede per onorare la memoria di Giulia."


Queste parole sono un manifesto di cittadinanza e civiltà.

Alle scontate domande dei giornalisti alla fine del processo sulle sue sensazioni, sentimenti o se fosse soddisfatto della sentenza, lui risponde denunciando la sconfitta di una società intera che ha visto la morte di una ragazza di 22 anni e l’ergastolo per un ragazzo della stessa età, e, dice, non saranno le pene dei tribunali a cambiare ciò, non eviteranno il dolore ad altri padri, solo la cultura lo farà. 

Alla domanda di un cronista che chiedeva se fosse stata fatta giustizia per sua figlia infatti, Gino definisce l’iter processuale per quello che è; “un patto sociale che la società si dà" non un sarà un “fine pena mai” a onorare la memoria di una ragazza defunta.

La nostra società è il luogo dove onorare la memoria di Giulia (e delle 150 vittime ogni anno), in ogni azione e in ogni parola. 

Per facilitare il processo però è necessario l’aiuto delle istituzioni, Gino Cecchettin infatti ha dichiarato che incontrerà il ministro dell’istruzione Valditara, nonostante le sue dichiarazioni proprio alla presentazione della Fondazione Cecchettin in cui il ministro aveva affermato che il patriarcato non esistesse e che l’aumento delle violenze contro le donne fosse una diretta conseguenza dell’immigrazione clandestina, per discutere insieme della tematica.

Da tempo infatti viene richiesta a gran voce l’introduzione dell’educazione affettiva nelle scuole, certo che se il ministro dell’istruzione nega l’esistenza del patriarcato…

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