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Chi sono gli Houthi

  • Alessandro Morelli
  • 5 apr
  • Tempo di lettura: 4 min

A quanto pare la scelta di lanciare, o meno, un attacco missilistico su un paese viene presa su Signal, un social simile a Whatsapp. 

Questo almeno quello che è emerso la scorsa settimana con la condivisione delle chat del gruppo "Houthi PC small group”, da parte di Jeffrey Goldberg, esperto di Medio Oriente e penna del The Atlantic.


Il giornalista era stato invitato in questo gruppo da nientemeno che il segretario alla sicurezza nazionale Michael Waltz. 

Oltre a Walz nel gruppo erano presenti altri pezzi da novanta dell’amministrazione Trump come il Segretario di Stato Marco Rubio e il (simpaticissimo) vice-presidente James David Vance.

In questo articolo non ci concentreremo sulla surrealtà della notizia, sui commenti di Vance nei confronti dell’Europa, che svelano una rabbia vera e non mediatica nei nostri confronti, ma sull’obiettivo verso cui erano diretti i missili, gli Houthi.



Chi sono gli Houthi? Dove vivono? Cosa c’entrano con il conflitto israelo-palestinese? Perchè sono un problema per il commercio mondiale, quindi per la globalizzazione, quindi per gli Americani?


Partiamo con i dati “anagrafici”: Gli Houthi, termine eponimo derivante da Hussein al-Houthi, fondatore del movimento, hanno cambiato il proprio nome in Ansar Allah, “Partigiani di Dio”, a seguito dell’alleanza stipulata con la Repubblica Islamica nel 2011, anno in cui il gruppo comincia la rivoluzione che lo porterà a dominare la zona ovest dello Yemen, quella che affaccia sul Mar Rosso, la più importante e ricca del paese:

Il gruppo è stato in grado di utilizzare la centralità del luogo per il commercio mondiale per ritagliarsi un ruolo di rilievo nella politica internazionale.



Di confessione islamica sciita, zaidita per essere ancor più dettagliati, il movimento è entrato a far parte dell’Asse della Resistenza, quella rete di milizie, partiti politici e, fino alla caduta del regime di Assad in Siria, di governi guidati dall’Iran.

Della coalizione fanno parte i più celebri Hezbollah e Hamas ma anche le Forze di Mobilitazione Popolare irachene.

Seppur figurino anche gli Houthi nella lista dei proxy dell’Iran, così vengono definiti i gruppi facente parte di quest’asse, il movimento yemenita riesce a mantenere una certa indipendenza dalla Repubblica degli ayatollah e ad ora vanta il miglior stato di salute dell’intero Asse. 

Dopo gli attentati del 7 ottobre 2023 ai danni di Israele, compiuti da Hamas ma orchestrati dall’Iran, l’Asse della Resistenza si è, infatti, profondamente indebolito:


Hamas ed Hezbollah hanno subito danni ingenti con la decapitazione delle rispettive leadership e la disarticolazione delle organizzazioni che, comunque, rimangono in vita.

Le due entità sono riuscite comunque a rimpolpare le proprie fila catalizzando l’odio nei confronti dello Stato Ebraico e sfruttando il potere che esercitano direttamente sul territorio; soprattutto Hezbollah è un movimento fortemente radicato nel territorio nel sud del Libano, al confine con Israele. Lo stesso Hamas nonostante sia stato decimato dai bombardamenti dell’IDF mantiene saldo il potere sulla Striscia di Gaza anche se, a quanto pare, il consenso nei suoi confronti sta scricchiolando.

In Siria, invece, il governo di Assad si è sbriciolato in poco più di una settimana con i ribelli guidati da Al-Jolani e sovvenzionati dalla Turchia, che hanno approfittato della distrazione dei due “padrini” del dittatore siriano, Russia e Iran, per arrivare a Damasco e prendersi il potere.

Lo stesso Iran, leader e capo dell’Asse, è in profonda crisi; Israele sta vincendo la guerra sul piano militare e ha mantenuta intatta la sua forza deterrente. 

Inoltre i Patti di Abramo, problema esistenziale per l’Iran, sono ancora in vigore e non sembra esserci nessun colpo di scena all’orizzonte.


N.B.’: “I Patti di Abramo” sono una dichiarazione firmata nel 2020 con la mediazione degli Stati Uniti, sotto la prima amministrazione Trump, tra Israele e alcuni Paesi arabi, tra cui Emirati Arabi Uniti, Bahrain, Sudan e Marocco, per la normalizzazione dei rapporti. Seppur l’Arabia Saudita non abbia firmato gli accordi ha cominciato un percorso di riavvicinamento nei confronti dello Stato Ebraico in virtù dell’avversione comune nei confronti dell’Iran.




Mentre lo stato di salute dell’Asse peggiora, gli Houthi crescono e colpiscono l’Occidente al cuore…nel commercio.

Il gruppo yemenita infatti controlla lo stretto di Bab El-Mandeb che congiunge il Mar Rosso e l’Oceano Indiano e, insieme allo stretto di Suez, è un collegamento vitale per il commercio tra Europa ed Asia.

L’Organizzazione Marittima Internazionale stima che attraverso il Mar Rosso, quindi per Suez e Bab El-Mandeb, passi un quarto del traffico marittimo.



Alla fine del 2023 gli Houthi, a seguito della reazione israeliana agli attentati del 7 ottobre, oltre a lanciare attacchi missilistici diretti nei confronti dello Stato Ebraico, hanno annunciato che avrebbero preso di mira le navi occidentali passanti per Bab el-Mandeb.

L’operazione, a sostegno di Hamas e del popolo della striscia di Gaza, ha provocato l’immediata reazione statunitense che, con l’Europa al seguito, ha lanciato l’Operazione Prosperity Guardian con l’intenzione di scortare le navi commerciali occidentali e, se necessario, rispondere agli attacchi provenienti dallo Yemen.



“Gli Stati Uniti possono fare quello che vogliono, ma le nostre operazioni militari non si fermeranno…Sospenderemo gli attacchi solo quando Israele cesserà i suoi crimini e gli abitanti della Striscia di Gaza riceveranno cibo, medicinali e carburante”.

Questa l’eloquente risposta di Mohammed al Buk Haiti, uno dei leader degli houthi.

L’operazione non sembra aver sortito gli effetti voluti e per questo gli Stati Uniti hanno intensificato gli attacchi missilistici.

Dal 15 marzo gli attacchi statunitensi hanno provocato più di 50 morti e non sembrano volersi arrestare.


La strategia portata avanti dagli Houthi colpisce l’Occidente, e in particolare gli Stati Uniti, dove fa più male, nel commercio e nella globalizzazione.

I componenti di Ansar Allah infatti sanno che la globalizzazione si fonda sui mari, in particolare sugli stretti, e attaccare la navigazione delle navi vuol dire attentare all’egemonia statunitense.



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