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Il "Dazionario" Pt 1

  • Mario Mariano
  • 18 mag
  • Tempo di lettura: 4 min

Dazi, sfide e strategie: il commercio globale non è mai stato così teso

In un contesto sempre più globale, il mercato non è più solo una questione di scambi: è diventato il campo di guerra delle nuove tensioni geopolitiche. Dazi, contro-dazi e dumping: parole che sembravano tecnicismi sono oggi al centro del dibattito globale. E ci riguardano più di quanto pensiamo.


Il commercio come specchio del potere

Per anni abbiamo pensato al commercio globale come a un grande meccanismo che, in fondo, funzionava per tutti: beni che viaggiano da una parte all’altra del mondo, consumatori soddisfatti, produttori in crescita. Ma quella visione, oggi, sta cambiando.

Il nuovo scenario internazionale è segnato da una crescente rivalità tra potenze economiche, che vedono nel mercato non solo un mezzo per aumentare i propri guadagni, ma uno strumento per esercitare pressione, difendere interessi strategici e riscrivere le regole del gioco.

In questo contesto, parole come dazio, dumping e restrizioni commerciali non sono più materia da addetti ai lavori. Sono il linguaggio di una guerra silenziosa che attraversa settori, mercati e confine che è entrata a capofitto nel lessico comune della popolazione.


Stati Uniti vs Cina: il duello tecnologico

A guidare questa escalation sono ancora una volta gli Stati Uniti e la Cina. Dopo un inizio un più disteso, l’amministrazione Trump ha rilanciato l’attacco, imponendo dazi anche superiori al 40% sui prodotti tecnologici cinesi, come microchip, circuiti e componentistica per smartphone e auto elettriche.

L’accusa è nota: la Cina produrrebbe a basso costo, grazie a sussidi di Stato e condizioni di lavoro meno tutelate, per vendere a ribasso all’estero. Questa pratica, nota come dumping, avrebbe l’effetto di danneggiare profondamente le aziende occidentali, incapaci di competere a quei livelli di prezzo.

Ma la risposta cinese non si è fatta attendere. Pechino ha deciso di colpire gli agricoltori americani – elettoralmente strategici per Trump – e di limitare le esportazioni di terre rare, materiali essenziali per le tecnologie avanzate. Parliamo di una ventina di elementi chimici senza i quali non funzionano né smartphone né satelliti. Chi controlla le terre rare, controlla il futuro della tecnologia.


L’Europa non può più restare neutrale

Nel mezzo di questo scontro tra titani, l’Europa si trova a dover scegliere se restare osservatrice o prendere posizione. E negli ultimi mesi ha iniziato a reagire. La Commissione europea ha approvato dazi su acciaio e auto elettriche provenienti da Cina e Corea, segnalando la volontà di difendere un'industria interna in difficoltà, minacciata da importazioni aggressive e da uno squilibrio nei costi energetici post-pandemia.

Ma non si tratta solo di numeri. Il rischio è che l’Europa, troppo dipendente da altri per energia, materie prime e tecnologie, venga messa in secondo piano in un mondo dove contano sempre di più l’autonomia strategica e la capacità produttiva locale.


L’India si fa avanti: “Make in India”

E mentre USA, UE e Cina si confrontano, l’India osserva, valuta e agisce. Con la sua popolazione giovane, un mercato interno in crescita e un governo determinato a riportare la manifattura nel Paese, Nuova Delhi ha deciso di alzare i dazi su beni ad alta tecnologia importati.

L’obiettivo? Incentivare le aziende straniere a produrre direttamente sul suolo indiano. E il piano sembra funzionare: Apple ha spostato una parte significativa della produzione dei suoi iPhone dalla Cina all’India. Una scelta che va ben oltre il risparmio: riflette la volontà di ridurre la dipendenza geopolitica da Pechino, in un mondo dove fare business è sempre più anche una scelta strategica.


E l’Italia? Più diplomazia, meno muscoli

L’Italia, come spesso accade, si trova nel mezzo. Il ministro Giorgetti ha lanciato un messaggio chiaro: “Evitare un’escalation e lavorare a un grande accordo commerciale multilaterale.” Una posizione diplomatica, in linea con una tradizione economica fortemente orientata all’export. Per l’Italia, infatti, un inasprimento della guerra dei dazi significherebbe mettere a rischio settori chiave come moda, automotive, agroalimentare e meccanica di precisione.


Le borse: tra incertezza e speculazione

Le tensioni internazionali si sono riflesse anche sui mercati finanziari. Le principali borse mondiali hanno alternato momenti di panico a rimbalzi improvvisi. Il settore della difesa ha tenuto bene (non a caso: più tensioni, più investimenti militari). Il comparto automotive, invece, ha sofferto in modo particolare, colpito dalle tariffe e dal rallentamento della domanda globale.

Le banche centrali osservano e attendono: un loro intervento sarà cruciale per evitare che il commercio globale finisca strangolato dalla sfiducia.


Dumping: concorrenza o trappola?

Molto di questo scontro ruota attorno al concetto di dumping. Ma cos’è davvero?

È una tecnica usata da alcune aziende o Stati per vendere un prodotto all’estero a un prezzo così basso da eliminare la concorrenza locale. Una volta conquistato il mercato, i prezzi possono risalire, perché non ci sarà più nessuno a fare concorrenza.

In teoria, il dumping è vietato. Ma dimostrarlo e fermarlo richiede tempo, prove, accordi internazionali, che spesso non arrivano mai.


Il futuro: un mondo diviso?

Siamo di fronte a un bivio storico. La globalizzazione, così come l’abbiamo conosciuta, sta cambiando pelle. Non è più solo una questione di efficienza e prezzi bassi. È diventata una questione di sicurezza, controllo, sovranità.

Oggi si combatte con dazi, sanzioni, licenze, divieti di esportazione. Domani, forse, si deciderà chi potrà accedere a quali tecnologie e a quali mercati.


La domanda non è più “conviene?” ma “è sicuro per noi?” E in questo scenario, nessuno può permettersi di restare neutrale.


Questa non è una guerra lontana. È una battaglia che si combatte anche nei supermercati, nei negozi, nelle fabbriche e nelle nostre scelte di consumo.

I dazi ci proteggono o ci isolano?


Il dumping è una minaccia reale o una scusa per chiudersi?

E le nostre economie sono pronte per un mondo fatto di più barriere e meno certezze?


Il dibattito è aperto. E non è solo per esperti. È anche nostro.

 
 
 

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