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Musk lascia il Doge

  • Alessandro Morelli
  • 28 apr
  • Tempo di lettura: 5 min

Ma non era onnipotente?


Il presidente ombra, il DOGE, “Si è comprato la Casa Bianca con 270 milioni di dollari” ma alla fine Musk è stato “formalmente” messo alla porta.


Lo scoop, inizialmente lanciato da Politico, prima smentito dalla Casa Bianca, confermato in seguito da Vance e Trump e ufficializzato dal fu-DOGE negli scorsi giorni alla riunione degli azionisti Tesla, ha distrutto l’opinione prevalente che vedeva Musk come un essere onnipotente, il plenipotenziario della Casa Bianca.

Ovviamente la sua influenza all’interno dell’amministrazione, con o senza un ruolo ufficiale (anche se non è mai stata chiara la “formalità” del suo ruolo), continuerà ad esserci, ma il ridimensionamento dell’impegno di Musk nel dipartimento per l'efficienza governativa, giustificato dietro la necessità di un suo ritorno alla guida di Tesla in pianta stabile, getta delle ombre sui rapporti all’interno dell’amministrazione.


Musk lascia il Doge


Riavvolgiamo il nastro, da dove nasce il binomio Musk-Trump, un sudafricano e un newyorkese in grado di infiammare i cuori dell’America profonda. Il sostegno a Trump è stato solo il culmine della trasformazione del magnate in “Evil” Musk:

Quello che ora viene percepito come uno spregiudicato oligarca era inizialmente una delle menti più apprezzate in ambito Tech, il sudafricano naturalizzato statunitense è il fondatore di SpaceX e Starlink e CEO di Tesla, 3 aziende pilastro dell’innovazione tecnologica.

Oltre alla mente, fu la personalità di Musk a far innamorare il mondo; dalle comparse nei film, alla turbolenta storia familiare che ha alimentato il mito del self-made-man, la sua passione per i meme e la sua visione ultra-progressista vicina al transumanesimo; la missione dichiarata del sudafricano naturalizzato statunitense è infatti quella di portare l’uomo su Marte.

Inoltre il magnate era vicino agli ambienti democratici, da Barack Obama a Biden, soprattutto per la sensibilità sul cambiamento climatico.

Durante il mandato di Biden però qualcosa si è rotto e Musk è passato da luminare salvatore dell’umanità a pericolo per la stessa.


Il decadimento dell’immagine dell’uomo più ricco al mondo è cominciata probabilmente con l’acquisizione di Twitter, poi ribrandizzato in X, per, ha dichiarato l'acquirente, tutelare la libertà d’espressione.

Twitter, a seguito dell’assalto a Capitol Hill fomentato da Donald Trump, aveva bloccato l’account del presidente perdente alle elezioni del 2020 e a sbloccarlo fu proprio Musk che, dopo una votazione degli utenti sul suo profilo, reintrodusse il tycoon sul social.


Da quel momento possiamo osservare un avvicinamento tra i due con un deciso “spostamento a destra” da parte del patron di X che iniziò a supportare la ricandidatura di Trump. Quest’avvicinamento di Musk al trumpismo è stato giustificato da lui stesso: "in passato ho votato democratico, perché erano (soprattutto) il partito della gentilezza. Ma sono diventati il partito della divisione e dell'odio, quindi non posso più sostenerli e voterò repubblicano. Ora guarda la loro campagna di trucchi sporchi contro di me".


Quello che sembrava essere solo un endorsement si è trasformato in un aiuto concreto alla campagna elettorale di Trump: Musk ha infatti donato 270 milioni alla campagna elettorale repubblicana diventando il maggior donatore e rimpolpando le casse del comitato elettorale svuotate dalle spese legali di Trump.



Musk lascia il Doge

Ok le idee, ma che interessi hanno in comune i due:


Mentre a primo impatto il binomio Musk-Trump sembrava essere un po’ forzato, basti pensare ai dazi alla Cina o alle opinioni completamente opposte sul cambiamento climatico, se analizziamo a più ampio raggio la questione, la scelta sembra più ragionata.


Per Musk, la vittoria di Trump avrebbe rappresentato la possibilità di avvicinarsi agli apparati statunitensi, con cui intrattiene enormi rapporti economici, ricattarli e diventare un intoccabile.

Per Trump, la presenza di Musk a capo del DOGE sarebbe servita a tagliare i dipendenti e i “costi” delle agenzie federali, ergo, indebolire gli apparati, per dirlo alla Trump il “Deep State”, per aumentare il raggio d’azione del presidente.


La scommessa dei due sembra però essersi infranta contro un muro.


A proposito dei rapporti che Musk intrattiene con gli apparati statunitense, secondo un’analisi del Washington Post, il magnate ha ricevuto 38 miliardi tra contratti, prestiti, sussidi e crediti fiscali dallo Stato federale:

In particolare Musk fornisce servizi alla NASA tramite Space-X, come ad esempio il lancio di satelliti o il trasporto di astronauti, e il sistema Starlink al Pentagono, il Dipartimento di Difesa. 


Il sistema di satelliti Starlink serve a garantire connettività in ogni luogo del pianeta ed è stato fondamentale per evitare la capitolazione dell’Ucraina durante l’avanzata dell’esercito russo, che aveva schermato il segnale a Kiev rendendo impossibili le comunicazioni.

Il sistema, e in particolare il prezzo da pagare per usarlo, è stato al centro di numerosi battibecchi tra l’uomo più ricco al mondo e il Dipartimento di Difesa statunitense: Musk infatti accusava il Pentagono di pagare poco, e in ritardo, il servizio (solamente 23 milioni di dollari) minacciandone lo spegnimento.

Oltre a questo i rapporti tra Musk e il Pentagono, di gran lunga il dipartimento con il budget più alto (vicino ai 900 miliardi) e oltre 3,4 milioni di addetti, sono molto tesi per i rapporti che Musk avrebbe con la Russia e la Cina (dove si trova la Gigafactory di Shangai), inaccettabili per il DoD. 

Il Pentagono però starebbe lavorando a un proprio sistema di satelliti così da non rimanere ostaggio della tecnologia di Musk, cosa che quest’ultimo non può assolutamente permettersi e che lo ha probabilmente spinto a sostenere Trump.


Oltre al muro tirato su dagli apparati sui tagli, lo stesso entourage di Trump e il partito repubblicano avevano cominciato a mal sopportare la presenza, per usare un eufemismo, di Musk nelle scelte governative.

Sono numerosissimi i diverbi nati in seno all’amministrazione attuale, ultimo in ordine cronologico quello con il Segretario al Tesoro Scott Bessent, la cui nomina era stata fortemente osteggiata dal DOGE che caldeggiava quella di Lutnick; ma potremmo citare l’invito a non rispondere alle mail inviate da Musk che i capi di FBI, dell’Intelligence Nazionale e del DoD (Kesh Patel, Tulsi Gabbard e Pete Hegseth, tutti nominati da Trump) hanno fatto ai propri dipendenti oppure gli insulti rivolti verso Peter Navarro, Capo stratega della Casa Bianca e consigliere senior del Presidente e uno dei principali artefici della strategia dei dazi, definito da Musk “un vero idiota”, “più stupido di un sacco di mattoni” e, ciliegina sulla torta, “Peter Retarrdo”.


CURIOSITA’: Le mail inviate da Elon Musk, in cui veniva chiesto di descrivere le attività svolte in settimana dai dipendenti, pena il licenziamento, sono arrivate anche in Italia: Infatti i dipendenti delle basi militari statunitensi in Italia, come quelle di Aviano e Vicenza, hanno ricevuto la famigerata mail. Questo ha creato un caos a livello legale in quanto i dipendenti sono sottoposti alla legislazione italiana pur essendo dipendenti dello Stato Federale americano 

Musk lascia il Doge

Proprio l’introduzione dei dazi sembra aver calato il sipario su una situazione già tesa: Dopo averli combattuti internamente, Musk ha espresso pubblicamente le sue perplessità sulle tariffe imposte da Trump auspicando una “zona di libero scambio” tra USA e UE durante il suo intervento al congresso della Lega.

Quest’episodio svela un ulteriore problema nel rapporto, le identità differenti: mentre l’entourage di Trump, come dimostrato dalle chat divulgate dal The Atlantic, disprezza genuinamente gli europei e vede nei dazi una vendetta, una riparazione; Musk intravede solamente una perdita dei soldi, una barriera alle vendite di Tesla, che da quando lui è alla Casa Bianca, dopo un picco raggiunto subito dopo le elezioni, è crollata in borsa e ne ricavi (-71%).

Ma verrebbe da chiedersi, dove pensavi di essere? cosa pensavi di fare?

Il miliardario di Pretoria credeva probabilmente di poter fare il bello e il cattivo tempo, di essere il presidente ombra ma, come scritto sopra, la scommessa dei due sembra essere persa: il DOGE non è riuscito a tagliare i 2 trilioni di dollari che si era prefissato e Trump non è riuscito a scalfire i poteri del “Deep State” che tanto odia.


Ritenta sarai più fortunato.


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