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Caso Al-Masri

  • Lorenzo Piccheri
  • 28 gen
  • Tempo di lettura: 3 min

Migranti come arma della guerra ibrida

Di recente si è consumata l’ennesima vicenda che pone l’Italia in una situazione di imbarazzo a livello internazionale: la liberazione di Al-masri, esponente di punta del gruppo islamista libico Rada, capo della prigione libica di Mitiga e tra i principali responsabili delle violenze di ogni tipo che si sono consumate dal 2015 ad oggi nei centri di detenzione che “ospitano” coloro che cercano di raggiungere l’Europa passando dalla Libia.


Le opposizioni attaccano, la stampa si indigna, il governo arranca. Tra un fantomatico cavillo burocratico (poi smentito) e una scusa non ben architettata, su questa vicenda pendono ombre non indifferenti. L’immobilismo del ministro della Giustizia Carlo Nordio e le motivazioni dell’espulsione/o rilascio fornite dal capo del Viminale Matteo Piantedosi, le risposte sommarie alle richieste di spiegazioni pervenute sono un tentativo di proteggere un segreto di Pulcinella: l’Italia non può inimicarsi la Libia.


Ma cosa c’entra l’arresto di un criminale ricercato a livello internazionale con i flussi migratori?

Con la polarizzazione del mondo occidentale, ossia la crescente distanza tra i paesi del blocco sovietico e del blocco occidentale, e con la nuclearizzazione di tali blocchi, i conflitti hanno iniziato ad assumere dei tratti via via più diversi da quelli classici: con l’avvento della guerra fredda, muovere guerra contro uno stato di uno dei due blocchi significava muovere guerra contro tutti i suoi alleati, compresa una delle due superpotenze.

Si sono così sviluppate nuove forme di conflitto tra stati, che non vedono più necessariamente gli eserciti dei due contendenti scontrarsi in un campo di battaglia: vengono infatti utilizzate forme più subdole di destabilizzazione. Queste nuove tipologie di conflitto sono chiamate guerre ibride, e i flussi migratori sono spesso l’arma utilizzata in questa guerra.


Ciò accade ad esempio nel 2021 tra Spagna e Marocco. Ad aprile di quell’anno Madrid aveva concesso a Brahim Ghali, leader del fronte polisario che combatte per l’indipendenza del Sahara Occidentale dal Marocco, di ottenere cure mediche in Spagna. Ciò ha generato una risposta da parte delle autorità marocchine che, mediante un allentamento dei controlli al confine, hanno lasciato che 8000 migranti marocchini si radunassero ai confini dell'exclave spagnola in territorio marocchino Ceuta.


Ad oggi, però, l’esempio più vivo di guerra ibrida ce lo dà il presidente della Bielorussia, Aljaksandr Lukashenka, capo del governo bielorusso dal 1994. Egli, dall’estate 2021, in risposta a delle sanzioni provenienti dall’Unione Europea, ha allentato le politiche di controllo riguardo l’immigrazione clandestina (ben conscio che la Bielorussia è sprovvista di qualsiasi pull factor, ovvero fattore che attrae i migranti in uno stato, e che quindi un migrante che entra in Bielorussia lo fa per transitare verso l’Europa) generando così un flusso di migranti di portata ben maggiore che si è ammassato al confine con Polonia, Lettonia e Lituania. Tale operazione, volta a costringere l’Unione Europea a rimuovere le sanzioni, aveva lo scopo di destabilizzare l’ordine interno, specialmente l’opinione pubblica, dei paesi di confine europeo, tutto ciò sulla pelle di donne, uomini e bambini inconsciamente diventati armi, da un lato utilizzate come strumento di offesa e dall’altro respinte in difesa di un’autorità statale, che non vuole piegarsi ai ricatti di un dittatore ma che lo fa limitando l’accesso alle richieste d’asilo ai malcapitati ammassati al confine.

Ma cosa c’entrano il Marocco e la Spagna, la Bielorussia e l’Unione Europea, con un torturatore libico e il governo italiano?

Ciò che si temeva nelle ore in cui il ministro Nordio era impegnato a decidere se convalidare o meno l’arresto (in quanto, per l’esecuzione di un mandato di cattura internazionale serve l’autorizzazione del ministro della Giustizia) era che la Libia potesse allentare i controlli sulle sue coste e sui suoi confini, permettendo così ad un grande numero di migranti di imbarcarsi nel Mediterraneo nella speranza di raggiungere l'Italia.


Questa eventualità potrebbe aver spaventato il governo Meloni, che già nel 2023 ha registrato un picco di sbarchi sulle coste italiane. E’ da precisare che sia i singoli partiti che compongono la coalizione di centrodestra, sia il governo in quanto tale, hanno da sempre basato la propria propaganda politica e la propria dialettica sulla mala gestione della sinistra delle politiche adottate nei confronti dei migranti, preferendo invece “porti chiusi”, “difesa dell’identità italiana” e simili concetti.


Un’ulteriore crisi migratoria, con lo spettro della rivelazione dei rapporti con la polizia libica avrebbe messo in luce quanto la gestione dei flussi migratori sia inefficiente, sia essa gestita da un governo di sinistra o da uno di destra: portare infatti Almasri di fronte alla Corte Penale Internazionale avrebbe rischiato di rivelare i rapporti che lo Stato Italiano intrattiene con la Guardia Costiera Libica; così si è probabilmente deciso di limitare l’imbarazzo preferendo minare la credibilità italiana in ambito internazionale anziché quella del proprio governo.

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