Cosa ci insegna la vicenda Sala
- Alessandro Morelli
- 9 gen
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 17 gen
Dopo quasi tre settimane di prigionia Cecilia Sala è finalmente tornata a casa e la notizia è
stata accolta con gioia (quasi) unanime.
Davanti alla liberazione di un una connazionale detenuta ingiustamente all’estero non ci sono partiti che tengano.
Dopo il sospiro di sollievo generale però, a mente fredda, arriva la riflessione sui fatti occorsi
negli ultimi giorni e sulle reazioni delle persone alla luce della liberazione. Partiamo
analizzando i fatti per arrivare poi alle reazioni.
Nell’ultima settimana ha colpito tutti il viaggio della premier italiana Giorgia Meloni a
Mar-a-Lago che, dalle elezioni presidenziali americane di novembre, sembra essere entrata
nell’immaginario collettivo come una vera istituzione politica. Una Casa Bianca più
pacchiana.
Il motivo della visita di Meloni alla residenza di Trump era evidentemente l’affaire Sala e,
come riportato da Bloomberg, un possibile affare da 1,6 miliardi di dollari tra il governo
italiano e SpaceX, azienda del “presidente ombra” Elon Musk, ma su questo torneremo
dopo.
Il viaggio ha colto i più di sorpresa, compreso il ministro degli Esteri Antonio Tajani, e “Ha
rafforzato le speranze dei sostenitori della Meloni che la premier conservatrice italiana
diventi l’alleata di riferimento di Trump in Europa” secondo il New York Times.
In occasione della visita Trump ha definito il primo ministro italiano "Una vera fonte di
energia. È grande, sono qui con una donna fantastica”.ù
Ma credere che le relazioni internazionali si basino sulle amicizie tra leader di stato o sulle
uniche affinità ideologiche è fuorviante: la politica si fa portatrice di interessi nazionali, siano
essi economici o strategici, che determinano le mosse dei politici (e non il contrario) a
prescindere dalle ideologie. E’ emblematico il caso del rapporto tra gli Stati Uniti e Israele. Il
sostegno dello stato a stelle e strisce nei confronti dello Stato Ebraico si è dimostrato
incrollabile a prescindere dalla presenza dei democratici o dei repubblicani alla Casa Bianca
ed è perdurato anche durante la presidenza Biden nonostante tra il leader democratico e il
primo ministro israeliano Netanyahu non scorresse affatto buon sangue.
La politica ha il ruolo di portare le istanze della popolazione nel palazzo e sintetizzarle,
verificarne la fattibilità, con gli apparati dello Stato, popolati da tecnici, persone che dedicano
la loro vita a una singola materia.
E il caso Sala non è diverso: le trattative con la Repubblica Islamica sono state portate
avanti dagli apparati, in particolare dalle intelligence e dalla diplomazia, elementi
fondamentali per il buon funzionamento di uno Stato. In particolare il dossier Sala sembra
essere stato seguito da Giovanni Caravelli, direttore dell’AISE (Agenzia dell’intelligence
nazionale per l’estero), e il suo omologo iraniano. Proprio Caravelli era presente sul Falcon
900 partito da Teheran per riportare la cronista romana a casa.
Alla luce di ciò sembra quindi riduttivo commentare “Grazie Giorgia” alla notizia della
liberazione. Ma con questo non voglio in alcun modo sminuire il ruolo di Meloni, e della
Politica in generale, nella faccenda. Il capo del governo italiano ha infatti giocato al meglio le
sue carte e il suo viaggio in pompa magna in Florida è stato probabilmente un atto di buona
fede nei confronti del nuovo presidente statunitense con cui avrà a che fare nei prossimi
anni. Il Washington Journal a questo proposito scrive “Meloni è volata in Florida sabato per
incontrarlo (ndr Donald Trump) e spiegargli che liberare Sala era un interesse nazionale
italiano e che l’Italia avrebbe dovuto respingere la richiesta di estradizione degli USA per
Abedini”. Alla luce di ciò quindi il viaggio di Meloni a Mar-a-Lago appare più come un viaggio
per comunicare una scelta già presa.
A proposito dell’incontro parlavamo dell’accordo, smentito già dal ministro della difesa
Crosetto, di Meloni con SpaceX, accordo che non sarebbe stato comunque possibile senza
l’accordo del Parlamento e dopo un bando pubblico (alla faccia dei capi).
Il clamore che è seguito alla notizia rilanciata da Bloomberg ha per alcuni giorni superato
quello della prigionia della giornalista italiana per poi essersi sopito dopo le smentite
(avvenute dopo alcuni giorni) e infine cancellato dalla notizia del rientro a casa di Sala.
Che non fosse una tattica per agire nel silenzio? Può darsi che io abbia visto troppi film.
Ma alla fine, a chiunque vada il merito, l’importante è che Cecilia sia tornata a casa.
Oggi è più bello essere italiani.
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