top of page

Il coraggio di agire oltre le proprie convinzioni

  • Lorenzo Piccheri
  • 24 feb
  • Tempo di lettura: 3 min

Da Tina Anselmi a Luca Zaia

“...Verrà approvata per necessità.”

“Non è una questione politica” queste le parole di Luca Zaia, presidente della regione Veneto, in un’intervista al Corriere della Sera all’indomani dell’approvazione della legge regionale toscana sul fine vita. Più volte rimarca l’importanza di dare seguito, senza indossare “casacche politiche”, ad una già esistente sentenza della Corte Costituzionale del 2019, che dichiara incostituzionale la prosecuzione penale di chi presta attenzione a pazienti con malattie irreversibili e in condizioni di sofferenza fisica intollerabile.


Ciononostante, a tale sentenza è seguito un atteggiamento ambiguo da parte dei legislatori di qualsiasi colore politico: se da una parte, tale sentenza non è ancora stata oggetto di disegni di legge, dall’altra non è nemmeno stata affossata.

A questo riguardo, Zaia attacca anche gli alleati del suo partito, affermando che

“Se qualcuno non è d’accordo [...] proponga una legge che vieti il fine vita e non se ne parla più”.

Provocazioni a parte, il presidente ha più volte lanciato appelli per l’applicazione della sentenza, affermando che le cure palliative, che spesso vengono usate come argomentazione contrapposta al fine vita, non sono sufficienti a garantire una morte dignitosa ai malati terminali.

Luca Zaia
Luca Zaia

Il partito di Zaia, la Lega, negli ultimi anni si è sempre più appoggiato a simbologie religiose, come i rosari tenuti in mano sui palchi dei comizi o l’annosa battaglia dei crocifissi all’interno delle scuole. In questo caso, però, il presidente veneto sembra aver messo da parte l’appoggio religioso della Lega al cattolicesimo (che considera il suicidio assistito come moralmente inaccettabile) per prediligere un approccio a tratti sofocratico, anteponendo gli interessi dei cittadini a quelli del suo partito.


Tali interessi sono stati evidenziati da un sondaggio di Swg, i cui risultati mostrano come, da destra a sinistra, l’84% degli italiani sia favorevole ad una legge riguardante il fine vita dignitoso. L’83% degli elettori di FdI e FI, insieme al 77% della Lega, passando al 92% degli elettori del PD, il 94% di AVS, e percentuali simili anche per M5S, +E e Azione-Italia Viva.


Marco Cappato e la compagna di Dj Fabo
Marco Cappato e la compagna di Dj Fabo

L’approccio di Zaia, in controtendenza con le idee morali del suo partito, non è un caso isolato nella storia della politica italiana: nel 1978, la democristiana ministra della salute Tina Anselmi si trovò ad appoggiare la legge sull’aborto.

“Ho capito che la proibizione non risolveva il problema”

Tina Anselmi, dapprima partigiana nel CLN e successivamente prima donna a ricoprire la carica di Ministro della Repubblica, cresciuta politicamente negli ambienti dell’Azione Cattolica per poi entrare a far parte della Democrazia Cristiana, ricoprendo il ruolo di parlamentare dal 1968 al 1992, fu promotrice di varie leggi di rilevanza sociale tra cui la tutela della maternità, i congedi parentali e la legge contro il fumo nei luoghi pubblici.


Diventò Ministra della Sanità nel 1978, anno dell’approvazione della Riforma della Sanità e dell’Assistenza Psichiatrica, le cui conseguenze furono la chiusura dei manicomi e la nazionalizzazione del Sistema Sanitario. Ma la ministra Anselmi ricoprì un ruolo fondamentale nella stesura e conseguente approvazione di una legge rivoluzionaria, in controtendenza con la sua formazione cattolica: la legge 194 sull’aborto.


Lei stessa ha dichiarato di voler rispettare la volontà del Parlamento e dell’istituzione a lei affidata.

Prima pagina dell’Avvenire dopo i risultati del referendum.
Prima pagina dell’Avvenire dopo i risultati del referendum.

Erano anni, quelli, di forti cambiamenti: basti pensare che fino a 10 anni prima in Italia il divorzio era ancora illegale, che il delitto d’onore e il matrimonio riparatore sarebbero rimasti legali per altri 3 anni. Nello stesso momento veniva discusso il compromesso storico, avveniva il rapimento Moro, tutto questo nel contesto degli anni di piombo. Il clima politico, insomma, non era dei migliori.

L’approvazione della legge, in vigore dal 5 giugno 1978, fu aspramente criticata dalla Conferenza Episcopale Italiana e dalla stessa Democrazia Cristiana.

Tali opposizioni indussero le istituzioni ad indire, nel 1981, un referendum abrogativo (l’ordinamento italiano, infatti, consente di ricorrere alla consultazione diretta dei cittadini solo per abrogare una norma, non per proporla).


Ciononostante, tale referendum dimostrò che Tina Anselmi aveva agito con coscienza e nell’interesse degli italiani, con un risultato contro l’abrogazione della norma dell’88,42% contro l’11,58% a favore dell’abrogazione.


I risultati del referendum del 1981, insieme a quelli dei sondaggi riguardanti il fine vita, evidenziano come la democrazia rappresentativa non passi necessariamente dall’innalzamento di bandiere ideologiche, tanto care ai politici nostrani dell’una e dell’altra fazione, bensì dall’ascolto delle necessità manifestate dai cittadini.


Tina Anselmi
Tina Anselmi

Di fronte all’espressione della volontà popolare, l’ideologia deve soccombere.




Comments


bottom of page