Il ruolo attuale della Storia
- Marianna Mele
- 9 set
- Tempo di lettura: 5 min
STORIA VS PROGRESSO
Vittime di propaganda partigiana e sovrainformazione, approfondire le notizie che ci vengono presentate dai mass media passa in secondo piano e una materia come la storia, vero e proprio strumento culturale del popolo civile, perde la sua primaria importanza. Guardandoci attorno, tra le nuove tecnologie e l’appiattimento culturale che ne deriva, sembra non esserci posto per una materia che invece di guardare al futuro guarda al passato. Quanto può essere utile guardare al passato per capire meglio il presente? Perché il progresso sembra non avere spazio per una materia come la Storia?
Tranne alcune rarità, uno studente che finisce gli studi non ha un bel ricordo di questa materia per due motivi: il poco tempo a disposizione del docente che lo porta a reprimere eventuali approfondimenti e la mancanza di passione che porta alla spiegazione della storia come un insieme di date, nomi e guerre da studiare a memoria. È interessante come anche i mezzi di comunicazione tendono a sorvolare eventuali spiegazioni storiche lasciandole ad esperti relegati nelle ultime pagine del giornale, nei commenti d’opinione o in rubriche apposite come se l’argomento storico stonasse con tutto ciò che riguarda l’attualità.
L’UTILITÀ DELLA STORIA
Proprio con quest’ultimo esempio vorrei rispondere alla prima domanda, conoscere la storia è necessario per avere le chiavi di comprensione del presente e per evitare di ripetere gli stessi errori nel futuro, come scritto da Cicerone “ historia magistra vitae “ la storia come maestra di vita. Sarebbe impensabile spiegare per esempio la questione Palestinese senza riferimenti storici , dalla nascita del Sionismo alla fine del IX secolo fino alla Nakba (catastrofe) del 1948 resta fondamentale avere un’idea del passato. Ma laddove il progresso porta ad una fruizione superficiale delle informazioni a causa dell’enorme quantità di notizie disponibili, è inevitabile che questo porti a un disinteresse verso la storia.
L’UTILIZZO DELLA STORIA DA PARTE DEI REGIMI POLITICI
Nonostante la società mostri un certo disinteresse, lo studio e l’utilizzo della storia è sempre rimasto importante per un gruppo preciso di individui: i politici. Siano essi democratici o meno, i politici hanno sempre utilizzato la storia a loro favore per scopi propagandistici, giustificare un’azione o per ottenere consenso da parte dell’opinione pubblica , basti pensare all’ossessione di Mussolini per l’impero Romano o alla centralità nel regime di Saddam Hussein ( 1979-2003 ) della storia dell’antica civiltà babilonese che utilizzò per legittimare il suo potere.
In questo modo la storia passa da essere un’arma culturale del popolo ad un'arma propagandistica dei politici.
L’ANNIENTAMENTO DEL PATRIMONIO STORICO
La centralità della storia all'interno della società è evidente, pensiamo all’azione dei regimi autoritari che per prima cosa decidono di annientare la coscienza storica di un popolo. Un caso emblematico è la distruzione delle statue dei Buddha di Bamiyan nel 2001 da parte dei Talebani che miravano a eliminare quelle sculture considerate idolatre e in contrasto con l'Islam, cercando così di cancellare una parte significativa della storia religiosa dell’Afghanistan. Analogamente, la devastazione dei siti archeologici in Siria da parte dello Stato Islamico, iniziata nel 2014, ha avuto l'obiettivo di annichilire l'identità storica e culturale delle regioni colpite. Annientare la memoria
storica di un popolo significa distruggerne l’identità culturale e diventare più vulnerabili. Preservare la storia di un popolo è fondamentale per garantirne la crescita e la resilienza davanti agli oppressori.
LA STORIA NEL DIBATTITO POLITICO
Spostandoci nel nostro presente , qual è il rapporto tra i politici e la storia?
In che modo e per quali scopi i politici utilizzano la storia al giorno d’oggi?
Per quanto concerne l’utilizzo della storia in funzione di un preciso contesto risulta interessante osservare come in seguito all’invasione Russa dell’Ucraina avvenuta il 24 febbraio del 2022 nel dibattito politico è stata centrale una disputa per quanto riguarda la storia dell’Ucraina e i suoi
antichi rapporti con la Russia. In tale contesto è significativa la questione della Rus di Kiev, entità medievale fondata da popolazioni di etnia scandinava nel IX secolo d.C che per alcuni è considerata un precursore dell’Ucraina e per altri invece conferma la connessione storica tra Russia e Ucraina che giustifica l’occupazione della seconda.
Tornando nel Belpaese, l’utilizzo della storia per mano dei politici è continuo e differente in base allo schieramento politico e al contesto storico. Per esempio il 24 giugno durante una seduta del senato la premier Giorgia Meloni ha citato la frase latina “Si vis pacem,para bellum” letteralmente “se vuoi la pace, prepara la guerra”. Il discorso della premier doveva motivare la scelta di rafforzare l’approccio alla difesa secondo la politica di Riarmo proposta dall’UE ma sopratutto da altri paesi come la Germania di Merz e la Francia. Di fatto è importante tenere presente come questa frase utilizzata dalla premier rimandi alla storia di un impero che anche nei periodi di relativa stabilità, come nel caso della Pax Romana ( 27 a.C-180 d.C) non ha mai avuto un periodo in totale assenza di conflitti. Questo riferimento storico tende in parte a cozzare con il contesto di riarmo proposto anche dalla premier col piano Readiness 2030 ( riarmo che per alcuni critici potrebbe incentivare le tensioni internazionali).
In sostanza, c’è un’abbondanza di riferimenti storici che i politici sanno utilizzare cogliendo l’opportunità data dalla limitata preparazione storica della popolazione.
LA TEORIA DEL POST-STORICISMO
In particolare in Europa si ha la percezione che la storia sia finita e che il tempo, dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989 e la conseguente dissoluzione
dell’URSS, si sia cristallizzato; questa convinzione ha un nome, post-storicismo: Il concetto di “fine della storia” elaborato dal politologo statunitense Francis Fukuyama ha come base la certezza che nel futuro prossimo non ci sarà più spazio per percorsi differenti dalla liberaldemocrazia, quindi nessuna alternativa alla guida statunitense.
Il mondo infatti grazie alla globalizzazione avrebbe visto scomparire i confini, e quindi le guerre, e omologato le culture a quella dominante, quindi alle democrazie liberali che avevano battuto Nazi-fascismo e il Comunismo Sovietico.
Il fine ultimo dell’umanità sarebbe dovuta essere l’economia, con buona pace della storia.
Gli ultimi cinque anni di conflitti ai confini del continente europeo hanno fatto sciogliere i propositi di questa teoria come neve al sole e hanno reintrodotto nel dibattito politico termini appartenenti “alla storia” e che non ci hanno mai riguardato come nel caso del “riarmo”, delle “cessioni di territori” o dei “bombardamenti” .
Ma d’altronde come diceva De Gregori, “la storia siamo noi” e lo saremo sempre “ed è per
questo che la storia dà i brividi…perchè nessuno la può fermare”.
Oggi, per affrontare queste tendenze è cruciale riscoprire la storia perché solo attraverso una profonda conoscenza storica possiamo realmente comprendere il mondo che ci circonda e le dinamiche che lo modellano. Solo in questo modo in quanto cittadini saremo in grado di distinguere la verità storica dalla manipolazione.
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