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L'Ucraina non si usa

  • Alessandro Morelli
  • 1 mar
  • Tempo di lettura: 2 min

Un’imboscata, quella tesa al presidente ucraino Zelensky, nelle sale della Casa Bianca, da Trump e Vance. Quello che doveva essere un incontro chiarificatore, prima della firma sul trattato sulle terre rare, ha preso le sembianze di una ramanzina al presidente del paese invaso ormai 3 anni fa, tutto, ovviamente, a favore di telecamera.



È sembrato di assistere alla prima scena del Padrino I dove un uomo, mai affiliato con Cosa Nostra, va da Vito Corleone chiedendo “giustizia” per sua figlia vittima di violenze sessuali. Il padrino però accorda il suo aiuto dopo aver rimproverato l’uomo per “non aveva mai voluto la sua amicizia” e dopo che quest’ultimo ha fatto il famoso bacio della mano.


Lo stesso trattamente che sembrava volere Trump: il presidente statunitense infatti ha più volte accusato Zelewski di non essere stato “thankful to this country”, utilizzando country per indicare sé stesso, e di star giocando con la terza guerra mondiale.

A rincarare la dose ci ha pensato il suo fido vicepresidente JD Vance che ha invece tirato in ballo la presenza del presidente ucraino a un evento elettorale di Kamala Harris. Neanche a dirlo quest’evento non c’è mai stato e Zelensky ha in realtà incontrato entrambi i candidati, la prima in quanto vicepresidente degli Stati Uniti, l’altro in quanto candidato repubblicano. Ma com’è possibile questo capovolgimento di fronte? Questa capriola degli Stati Uniti che da strenui alleati ed estremi difensori della causa ucraina e degli ucraini ne diventano strozzini.


Attenzione a non commettere un errore.

Trump non ha cambiato gli Stati Uniti, o meglio, non ha cambiato gli apparati degli Stati Uniti, quelli che fanno la politica estera, che fanno l’impero. Citando Dario Fabbri, il volto più noto della geopolitica a livello italiano, Trump ha solo svelato “la focina dell’impero”, ha mostrato al mondo il dietro le quinte. Il presidente ha semplicemente gettato la maschera degli Stati Uniti, ha squarciato il velo di Maya, e ha mostrato a tutti il volto dell’impero. Perché sì, gli Stati Uniti sono un impero e gli imperi non fanno beneficenza ma i propri interessi. Interessi portati avanti da CIA, Pentagono e Dipartimento di Stato, la burocrazia o “deep state”.

Con Harris come presidente gli Stati Uniti avrebbero comunque forzato Zelewski ad accettare l’accordo sui materiali, motivo della disputa tra i due presidenti, e fatto tutto il possibile per riavvicinare la Russia a sé per staccarla dalla Cina.

Esattamente come sta facendo il presidente repubblicano. Solo la narrazione sarebbe stata diversa.


La narrazione, quella si che è cambiata.

In soli due mesi abbiamo assistito a un completo capovolgimento del racconto degli attori in campo: Zelewski da presidente a dittatore, Putin da dittatore a presidente, l’Ucraina da invasa a provocatrice e la Russia da invasore a provocata. E non sono solo parole uscite dalla bocca del presidente, gli Stati Uniti hanno ufficialmente votato contro una mozione ONU (per quel che può ancora contare) che individuava nella Russia l’aggressore.


In ultimo, il teatrino montato nello Studio Ovale resta propaganda per screditare Zelensky davanti all’opinione pubblica, per rimanere in tema di impero, una damnatio memoriae. Ma una propaganda così feroce e sprezzante dei morti ucraini rischia di far allontanare gli storici alleati europei corsi a manifestare solidarietà al presidente ucraino…Ma che dico questo è impossibile.


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