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Cronaca di un conflitto dimenticato, e la colpa è la nostra:

  • politicazeta
  • 6 nov
  • Tempo di lettura: 5 min

In Sudan sta avvenendo una tragedia umana tra le più atroci del nostro tempo, ma la realtà di questa guerra civile e della conseguente catastrofe umanitaria rimane nascosta dietro un velo di ipocrisia e indifferenza. Chi oggi denuncia il silenzio mediatico su questa crisi è spesso lo stesso che per anni ha ignorato e dimenticato una situazione che attraversa il cuore dell’Africa, preferendo non politicizzarla perché scomoda. Questo silenzio non è casuale: è una scelta che copre la violenza, nasconde i massacri e rende nulla la sofferenza di milioni di persone. Invece di un’informazione vera e di una risposta urgente, assistiamo a ipocrite lamentele e a una grigia complicità che condannano il Sudan a un conflitto senza fine. Se non si parla abbastanza del Sudan, la colpa è di tutti, noi compresi. Per chiunque avesse davvero interesse a capire cosa succede, e perché succede, ecco la cruda realtà.


Dal 15 aprile 2023, il Sudan è devastato da una feroce guerra civile che contrappone le Forze Armate Sudanesi (Sudan Armed Forces - SAF) guidate dal generale Abdel Fattah al-Burhan e le milizie paramilitari delle Forze di Supporto Rapido (Rapid Support Forces - RSF), sotto il comando di Mohamed Hamdan Dagalo, noto come Hemedti. La crisi è il culmine di anni di instabilità politica, colpi di stato e rivalità personali che hanno visto i due leader unire temporaneamente le forze per rovesciare un governo civile, per poi scontrarsi violentemente per il controllo del paese. Le RSF, nate come milizia legata a precedenti pulizie etniche in Darfur, hanno preso il controllo di vaste aree, tra cui la capitale Khartoum, scatenando una guerra che ha trasformato il Sudan nel teatro della più grave crisi umanitaria globale, con milioni di sfollati, vittime civili e una catena ininterrotta di atrocità. Il conflitto è caratterizzato da strategie di assedio urbano, blocchi degli aiuti umanitari e bombardamenti indiscriminati che ricordano altri scenari drammatici come la Siria o Gaza, dove la popolazione civile diviene un obiettivo deliberato.


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L’apocalisse di El Fasher: il massacro di ottobre 2025

Nel cuore di El Fasher, capitale del Darfur Settentrionale, si è consumato uno dei massacri più violenti di questo decennio. La mattanza ospedaliera del Saudi Maternity Hospital, dove almeno 460 pazienti tra donne in gravidanza, accompagnatori e personale medico sono stati brutalmente uccisi, è diventata simbolo della ferocia del conflitto. Testimonianze di sopravvissuti descrivono un assalto pianificato con armi da fuoco, anche pesanti, e granate, mentre le immagini satellitari evidenziano vaste macchie di sangue che si estendono per centinaia di metri. Il Sudan Doctors Network, un’organizzazione indipendente di medici, ha lanciato l’allarme descrivendo quanto accaduto come un genocidio mirato, volto ad annientare la popolazione civile e la resistenza sanitaria, con centinaia di corpi lasciati nei corridoi come prova di una strategia di terrore volta a distruggere non solo le persone ma ogni forma di assistenza.


La più grande crisi umanitaria mai registrata

La crisi umanitaria in Sudan raggiunge cifre spaventose: oltre 30 milioni di persone, più del 50% della popolazione, sono sotto minaccia diretta. Tra questi, 12 milioni sono sfollati interni o rifugiati che hanno abbandonato le proprie case per sfuggire alle violenze, generando la più grande diaspora mai documentata in un singolo paese africano. I bambini sono la fascia più vulnerabile, con circa 15 milioni di essi in condizioni critiche: malnutrizione, assenza di cure mediche e mancanza di accesso a istruzione e protezione. Varie organizzazioni umanitarie denunciano l’impossibilità operativa dovuta alla distruzione sistematica di infrastrutture civili e alla mancanza di sicurezza, aggravando una situazione già drammatica.


Due criminali di guerra si contendono il potere

La guerra civile che va avanti dal 15 aprile 2023 vede contrapposte le Sudan Armed Forces (SAF) guidate dal generale Abdel Fattah al-Burhan e le Rapid Support Forces (RSF) sotto il comando di Mohamed Hamdan Dagalo, noto come Hemedti. Entrambi i leader sono accusati di violazioni gravi dei diritti umani, con una lotta per il controllo politico e militare che ha trasformato il paese in un teatro di guerra senza fine. Le RSF, nate come milizia paramilitare con un passato legato alle violenze in Darfur, sono responsabili di pulizia etnica e massacri indiscriminati, mentre le SAF rispondono con ulteriori atti di repressione, aggravando il numero delle vittime civili.


Stupri, esecuzioni, pulizia etnica: i crimini che nessuno vuole vedere

Le prove raccolte parlano di 15.000 morti documentati tra i Masalit, un gruppo etnico nel Darfur vittima di una spietata pulizia etnica, che purtroppo non inizia nel 2025, dove raggiunge semplicemente l’apice delle brutalità. La strategia di violenza sessuale sistematica ha come bersaglio donne e bambini, con casi raccapriccianti di stupri perpetrati anche su minori di un anno. Bambini soldato sono reclutati con la forza e costretti a combattere, subendo traumi psicologici profondi e spesso dimenticati da un mondo che a quanto pare non vede, neanche di sfuggita. Bombardamenti indiscriminati e uccisioni di civili e operatori sanitari si sono intensificati, con ospedali presi di mira come parte di una strategia di annichilimento totale.

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Il paese con la più grave carestia al mondo

La carestia in Sudan è definita dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dal World Food Programme (WFP) come la più grave al mondo. Oltre 600.000 persone sono in stato di fame catastrofica, mentre quasi 25 milioni sono in condizioni di crisi alimentare acuta. Le carestie sono state strumentalizzate come arma: le forze in conflitto bloccano gli aiuti umanitari, saccheggiano i rifornimenti e impediscono l’accesso sicuro ai rifugiati. Gli ospedali distrutti e i medici uccisi hanno favorito la diffusione di epidemie letali, con conseguenze devastanti soprattutto per donne incinte e bambini.


Gli sceicchi del Golfo armano il genocidio

Gli Emirati Arabi Uniti finanziano e forniscono armi alle RSF, in quello che appare come un tentativo di espandere la loro influenza nello scacchiere geopolitico. Egitto e Iran sono nello schieramento opposto, appoggiano le SAF con mezzi come i droni Bayraktar e armamenti avanzati. Anche Russia e Turchia sono sul campo con mercenari e forniture di droni ad entrambe le fazioni, trasformando questa guerra in un violento scontro per procura.


Quattro miliardi richiesti, uno ricevuto: come l’ONU ha abbandonato il Sudan

Delle risorse richieste per far fronte alla crisi, pari a circa quattro miliardi di dollari, meno del 25% è stato effettivamente stanziato dalle Nazioni Unite. Questa grave insufficienza limita l’azione delle organizzazioni umanitarie, lasciando milioni di persone nel baratro. La paralisi diplomatica e i giochi di potere tra le grandi potenze internazionali impediscono una risposta concreta, mentre media globali e opinione pubblica sembrano guardare altrove, lasciando il Sudan in un isolamento politico e mediatico che alimenta la spirale delle sofferenze.


L’accesso umanitario continua a essere ostacolato da truppe regolari e milizie, con enormi falle nella protezione civile. Serve un embargo totale sulle armi, diretto a tutte le parti in conflitto, insieme a un finanziamento completo, solo così sarà possibile evitare l’ennesima catastrofe sul territorio africano. La domanda, purtroppo, è sempre la stessa: “Quanti morti ancora serviranno prima che le istituzioni agiscano con decisione?”.

 
 
 

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