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"Uniti si stravince"...ma è vero?

  • Alessandro Morelli
  • 5 giorni fa
  • Tempo di lettura: 4 min

Si sa, a seguito di ogni elezione i vincitori parlano di un risultato straordinario e schiacciante mentre i perdenti raccontano un passo avanti rispetto alle elezioni precedenti e incolpano la legge elettorale (e nel frattempo gli sconcertanti dati sull’affluenza finisco ai piedi degli articoli di giornale). Ma d’altronde anche questa è politica. 


La recente tornata elettorale che ha coinvolto Campania, Veneto e Puglia è finita 2-1 per il sempreverde/rosso/giallo/rosa Campo Largo. A proposito di questo la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein ha dichiarato “Uniti si stravince” ma è vero?


L’aggettivo donato prima alla coalizione di centro-sinistra è ovviamente una provocazione volta a sottolineare l'eterogeneità dei partiti che lo compongono: Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Alleanza Verdi-Sinistra, Italia Viva e, a intermittenza, Azione che ha sostenuto Decaro in Puglia ma non Fico in Campania

Nonostante i soliti proclami, le due vittorie nelle due regioni del sud, così come la sconfitta in Veneto, erano ampiamente previste dai sondaggi che davano i due candidati del centro-sinistra in netto vantaggio. 


Ma torniamo al titolo: il Campo Largo ha le carte in regola per essere un’alternativa credibile e provare a vincere le elezioni nazionali?


Queste regionali sembrano segnare ufficiosamente la corsa alle elezioni nazionali del 2027 che a meno di clamorose sorprese vedrà sfidare Giorgia Meloni, ancora stabilmente in cima ai sondaggi, e…Elly Schlein? Giuseppe Conte? Silvia Salis? Romano Prodi? Pier Luigi Bersani?


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E qui parliamo del primo problema della coalizione di centro sinistra, in una politica sempre più agganciata ai leader, il Campo Largo sembra non avere ancora individuato il suo campione. Se infatti la sfida mediatica sembra essere tutta la femminile, un sondaggio svolto da Youtrend evidenzia come mentre nel Movimento 5 Stelle la leadership di Conte è indiscussa, nel Partito Democratico, come spesso accade, l’attuale segretaria è insidiata dallo stesso segretario dei 5 Stelle e da Silvia Salis. La neo-eletta sindaca di Genova, sponsorizzata da Matteo Renzi e dalla corrente centrista-riformista, sembra aver, al momento, declinato l’offerta confermando la volontà di onorare il suo incarico municipale. Schlein quindi si ritrova a dover svolgere il ruolo dell’equilibratore sul fronte interno ma anche con gli alleati: mentre Alleanza Verdi-Sinistra sembra convinta della figura di Schlein come post-Meloni, Conte sembra essere un po’ più restio definendo “prematuro” parlarne. Il due volte premier, nonostante gli scarsi risultati elettorali, non sembra voler fare da stampella al PD e intende giocare da battitore libero, fin quando i risultati non lo metteranno coi piedi per terra, a meno di una vittoria nelle possibili “primarie di coalizione”...


Questa contraddizione in merito alla leadership del Campo Largo è stata abilmente sfruttata a livello comunicativo da Giorgia Meloni che, in merito alla richiesta di un confronto ad Atreju avanzata da Elly Schlein, ha dichiarato di essere disposta a concederlo a patto che ci sia anche Giuseppe Conte in quanto, cito, “non spetta a me stabilire chi debba essere il leader dell'opposizione, quando il campo avverso non ne ha ancora scelto uno”. Scacco.


Restando sempre nel campo dei leader, non sono trascurabili i dissapori tra Renzi e Conte nati nel 2021 quando il primo, con una mossa al limite del machiavellico, defenestrò il secondo da Palazzo Chigi liberando la strada all’arrivo di Mario Draghi. Il fiorentino definì quella mossa “il più importante capolavoro politico dei miei quindici anni di carriera”.


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Arriviamo quindi al secondo problema che è di natura contenutistica: le anime dei partiti all’interno della coalizione troveranno una sintesi? 

Dalla politica estera all’energia, passando per il lavoro, il reddito di cittadinanza, la giustizia; il Campo diventa larghissimo e variegato. 

Ma andiamo in ordine. La politica estera è forse il caso più evidente delle differenti vedute, se infatti prendiamo in esempio i due conflitti più vicini a noi, quello russo-ucraino e quello mediorientale, emerge una forte conflittualità: sul sostegno all’Ucraina sono scettici AVS e M5S, balbettante il PD e a favore IV; sul conflitto mediorientale invece vediamo AVS e M5S fortemente critici delle azioni di Israele, balbettante il PD e accomodante IV. 

Sulla politica estera anche la maggioranza tende spesso a traballare ma, complice probabilmente il vincolo esterno, ha sempre agito sulla scia degli Stati Uniti, con buona pace di Salvini e Vannacci.


Passando al tema “lavoro” la divisione si fa più netta, prendendo in esempio l’ultimo referendum AVS, M5S e PD hanno consigliato ai propri elettori di votare SI  per abrogare il Jobs Act mentre Renzi, che il Jobs Act l’aveva votato, ha fatto il contrario. La stessa divisione si ripropone sul reddito di cittadinanza, di cui IV è molto critica, e sulla riforma della giustizia, su cui i tre principali partiti si sono opposti mentre Italia Viva si è astenuta pur essendo d’accordo sulla divisione delle carriere.

In ultimo sul nucleare AVS e M5S sono fortemente contrari, il PD traballante (pur avendo inserito nel programma la sua opposizione) e IV a favore. In generale possiamo osservare uno solco tra la parte più riformista (ex-renziana) all’interno del Partito Democratico e di Italia Viva e il resto della coalizione.


Sicuramente l’Italia ha un sistema in cui è necessaria una sintesi tra più forze, nessuno governa da solo e l’attuale esecutivo ne è un esempio; ma se questi sono i presupposti…



 
 
 

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