La Riforma della Giustizia: e ora?
- Lorenzo De Luca
- 30 ott
- Tempo di lettura: 5 min
Con l’approvazione della riforma “Nordio-Meloni” in quarta lettura, il quadro di un referendum costituzionale in primavera 2026 diventa sempre più completo e probabile.
La riforma costituzionale della giustizia è un tema che il nostro panorama politico si porta dietro ormai da diverso tempo e il cui iter non si è concluso oggi con l’approvazione del testo al Senato. Il procedimento revisionale della Costituzione difatti, disciplinato dall’art 138, implica una doppia votazione sia alla Camera che in Senato, per rimarcare la portata del testo costituzionale e, se non si raggiungono i canonici 2/3, si va al voto popolare. Gli italiani saranno quindi chiamati alle urne intorno ad Aprile-Maggio e perciò riteniamo giusto informarvi il più possibile sui contenuti di questa riforma che scalda poco i cuori ma è fondamentale negli equilibri politici.

IL CONTENUTO DELLA RIFORMA: CAPIAMOLO INSIEME
LA SCISSIONE DEL CSM:
Se la riforma dovesse essere approvata, l’originario CSM (Consiglio Superiore della Magistratura) verrebbe sostituito dal Consiglio Superiore della Magistratura “giudicante”, composta dai giudici, e dal Consiglio Superiore della Magistratura “requirente”, composta dai pubblici ministeri.
È dunque fondamentale ricordare la distinzione tra la figura del giudice e del PM, legalmente entrambi sono magistrati ma con due ruoli differenti: Il magistrato giudice all’interno del processo si posiziona all’interno della classe giudicante per decidere la controversia; diversamente il magistrato PM assume nel processo una posizione centrale, rappresentando l’accusa nello svolgimento di un processo penale formulando l’accusa contro un imputato.
Ad oggi il CSM è presieduto da entrambi i magistrati con la presenza del Capo dello Stato, con la riforma Meloni-Nordio si attuerebbe una vera e propria scissione del CSM.
LA SEPARAZIONE DELLE CARRIERE:
Punto indubbiamente collegato al primo, riguarda l’aggiunta di una frase all’art 104 della Costituzione: ”la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere”. L’aggiunta in questione sarebbe: ”è composta dai magistrati della carriera giudicante e della carriera requirente” e da qui nascerebbe chiaramente una separazione delle carriere indipendenti tra loro (ricordiamo che un giudice attualmente può, nel corso della sua carriera, alternare l'attività di giudicante e requirente perchè appartenenti ad un'unica Magistratura)
L’ESTRAZIONE DEI MEMBRI DEI DUE CSM:
Entrambi saranno composti per un terzo dai membri laici (figure esterne alla magistratura selezionati fra professori universitari, avvocati con 15 anni di esperienza e figure, prima della riforma, elette dal parlamento) e per due terzi da membri togati (magistrati ordinari). Con la riforma i membri laici verrebbero estratti a sorte dal Parlamento in seduta comune mentre i togati sarebbero sorteggiati fra tutti i magistrati giudicanti e requirenti.
Dunque i membri non sarebbero più elettivi e questo, secondo il Governo, indebolirebbe le “correnti” all’interno dell’organismo.
L’ISTITUZIONE DELLA “NUOVA ALTA CORTE DISCIPLINARE”:
Il compito essenziale che spetta alla nuova Corte sarebbe quello di supervisionare la giurisdizione disciplinare per tutti i magistrati. Questo compito che prima era del CSM e della Cassazione con la riforma diventerebbe prerogativa di questa Corte.
Essa sarà composta da 15 membri:
3 nominati dal Capo dello Stato,
3 estratti a sorte a un elenco di giuristi dal Parlamento in seduta comune,
6 estratti tra magistrati giudicanti con 20 anni di esperienza in Cassazione,
3 sorteggiati fra magistrati requirenti con vent’anni di attività e esperienza in Cassazione.
I membri rimangono in carica 4 anni e l’incarico non è rinnovabile e il presidente viene eletto fra i membri laici e non fra i togati.
“GIUSTIZIA” IN SENSO STRETTO O MERO PRINCIPIO REGOLATORE E ORDINATORIO?
La proposta ha prodotto consensi e dissensi all’interno dell’ambito politico e giudiziario: se da una parte il ministro Nordio ha affermato di voler rafforzare l’imparzialità della giurisdizione, eminenti magistrati ed esperti hanno affermato che la riforma svuota le garanzie costituzionali dell’autonomia e indipendenza della magistratura, principi presenti nel panorama europeo da più di 300 anni, con l’illuminismo francese e la divisione dei poteri di Montesquieu. Infatti il rischio maggiore legato a questa riforma è l’assoggettamento dell’organo requirente (i PM) all’indirizzo politico.
La Giunta esecutiva centrale dell’Associazione Nazionale Magistrati ha espresso profonde perplessità, comunicando con una linea dura il proprio dissenso nei confronti della riforma, di seguito le dichiarazioni rilasciate poche ore dopo la prima approvazione in Senato avvenuta il 22 luglio:
”La riforma costituzionale approvata oggi toglierà garanzie ai cittadini, questa è la nostra principale preoccupazione. Ed è chiaro che l’intento di questa riforma sia quello di avere una magistratura addomesticata e subalterna che rinunci al proprio compito diretto di controllo di legalità. [...] continueremo a intervenire nel dibattito pubblico per argomentare con convinzione e determinazione le ragioni della nostra contrarietà a questo disegno di legge. Lo faremo nei prossimi mesi e lo faremo fino al referendum. La riforma Nordio mette a rischio l’indipendenza della Magistratura. Questa riforma non rafforza lo Stato di diritto: lo rende più fragile.” L’orientamento della Magistratura è quindi chiaro: difendere con fermezza i principi costituzionali.
Anche l’opposizione naturalmente, ha manifestato il proprio dissenso in Parlamento: dalle foto della costituzione capovolta mostrate dai senatori del PD fino a quelle rappresentanti Falcone e Borsellino confrontati con Berlusconi e Licio Gelli mostrate dai 5stelle.
L’unico partito dell’opposizione a dichiararsi favorevole è stato Azione.
Un'excursus: il concetto di giustizia
DA JOHN RAWLS E HANS KELSEN A GIORGIA MELONI E CARLO NORDIO: UNA PROFONDA E PREOCCUPANTE REGRESSIONE DEL CONCETTO DI GIUSTIZIA
Il termine “giustizia” ha compiuto un percorso sociale progressivo che parte dall’antica concezione greca alla Costituzione dello stato di diritto imperniato su un concetto più puro e assimilabile alla libertà.
Partendo dal concetto di giustizia aristotelico per arrivare alle teorie moderne di Kelsen e Rawls: queste ultime seppur affrontando il concetto di giustizia da due prospettive diverse, sono complementari e fungono da guida da ormai quasi un secolo per la stragrande maggioranza degli ordinamenti giuridici mondiali.
La teoria di Kelsen si fonda sull’idea di una giustizia come ideale irrazionale, dandole un’importanza cruciale nella vita di tutti i giorni: per il giurista non esiste un approccio unico al termine , poiché la giustizia è un’insieme di valori soggettivi per ognuno
La teoria di Rawls si contrappone invece fortemente alla teoria utilitaristica e conia il termine di “giustizia distributiva”: un’idea che si realizza solo perseguendo i fini sociali e distribuendo beni in modo eguale.
Altro punto cardine della teoria Rawlsiana è il “velo d’ignoranza”, principio guida fondamentale per le istituzioni sociali e politiche. La sua teoria mira a costruire uno scenario sociale per cui gli individui scelgono razionalmente i principi fondanti di una società giusta ma senza conoscere realmente la loro collocazione sociale e le loro caratteristiche.
L’essenza del “velo” è qui: scegliere dei principi giusti, al di là del contesto sociale.
Di “giustizia” effettiva c’è poco o niente: il pensiero di poter creare due CSM diversi, di sopprimere l’elettività e di istituire un’Alta Corte Disciplinare mina le garanzie costituzionali. Il disegno della riforma non potenzia i diritti dei cittadini ma altera l’equilibrio tra accusa e difesa e indebolisce inevitabilmente la funzione giurisdizionale nella sua essenza costituzionale.
La riforma si impone pesantemente in maniera negativa per il rischio di una contorsione dell’ordinamento: siamo sicuri di mantenere lo stato di diritto?
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