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INTERVISTA A LUIGI MARATTIN

  • politicazeta
  • 21 giu
  • Tempo di lettura: 7 min
Intervista a Luigi Marattin

Nato a Napoli nel 1979, seppur il suo cognome tradisca origini venete, Luigi Marattin è il fondatore e segretario del neo-nato Partito Liberal-Democratico.

A fianco di un una carriera accademica brillante, coronata dall’assegnazione della cattedra di economia politica presso il dipartimento di Scienze Economiche all’Università di Bologna nel 2020, Marattin svolge la sua attività politica, prima a livello locale a Ferrara, poi a livello nazionale diventando il Consigliere economico di Matteo Renzi, allora leader del PD.

Nel 2019, a seguito della scissione nel PD operata dai parlamentari “renziani”, aderisce a Italia Viva che lascia nel 2024 per poi fondare il Partito Liberal-Democratico, in netta opposizione con la scelta di Renzi di aderire al “campo largo”.


Dalle aule del Parlamento alla crisi di Gaza, passando per il futuro dell'Europa e quello del suo partito. In questa intervista, l'Onorevole Marattin non si è sottratto a molte delle domande più cruciali del nostro tempo. Lo ringraziamo per un'analisi schietta e per la grande disponibilità che ci ha mostrato.

Intervista a Luigi Marattin

RISPOSTA


"Non vedo tutto questo affollamento di “movimenti e partiti dello stesso orientamento”. Se consideriamo le due caratteristiche principali – avere un’impostazione liberale ed essere del tutto alternativi a questo centrodestra e a questo centrosinistra – e ci aggiungiamo una elementare condizione di equilibrio nell’atteggiamento e nei comportamenti, oltre a noi vedo solo Azione. Gli altri o non si considerano liberali, o hanno scelto di schierarsi con uno dei due schieramenti. 

Il nostro obiettivo non è innescare una deleteria concorrenza in quest’area, ma prendere atto che la fetta di elettorato potenzialmente sensibile ad un messaggio autenticamente terzopolista è da tutti individuata in un 10/15%. E visto che al momento non esiste un’offerta politica in grado di soddisfare in maniera seria, coerente e unitaria questa domanda, il nostro obiettivo è estremamente semplice: costruirla entro il prossimo anno, in modo da affrontare per tempo e su basi serie le elezioni politiche del 2027. Un’offerta politica basata non sull’adesione al profilo di questa o quella persona, ma su una idea di società. E che metta a sistema tutte le esperienze politiche di quest’area, anche quelle che dovessero nascere in futuro."


Intervista a Luigi Marattin

RISPOSTA


Oggi quale partito chiede il voto per tagliare in 5 anni la spesa pubblica di 3 punti di Pil da destinare integralmente alla riduzione delle tasse per chi produce e lavora?

Quale partito chiede il voto per fare una rivoluzione copernicana su liberalizzazioni e concorrenza, dai taxi ai balneari, dal commercio ai servizi pubblici locali, per permettere a ciascuno di trovare liberamente il proprio posto nel mondo?


Quale partito chiede il voto per partire subito con la costruzione delle centrali nucleari con la tecnologia esistente?

Quale partito chiede il voto per smettere di pagare (poco) e allo stesso modo i dipendenti pubblici, per introdurre la meritocrazia, incentivare i migliori e evitare di premiare i peggiori?

E potrei andare avanti. A me queste sembrano cose radicali e facilmente comunicabili. E, soprattutto, che non sono patrimonio né di questo centrodestra né di questo centrosinistra.


Intervista a Luigi Marattin

RISPOSTA


Il Parlamento da molto tempo, e da molti governi, non conta praticamente più nulla. Per due motivi: su uno non si può intervenire per legge, sul secondo si.

Il primo è la qualità della classe politica. Da un po’ di tempo il Parlamento non esprime più la media del paese, ma tende a esprimere la sua parte peggiore. Nei partiti si fa carriera se si fa gli yes-man (io le yes-women) e se non si hanno particolari idee se non quella di servire fedelmente il leader di turno. Ma su questo, come dicevo, non si può intervenire con un atto di policy: serve la riforma della politica, o meglio l’auto-riforma dei partiti.

Il secondo è che siamo l’unica democrazia parlamentare del mondo in cui ci sono due camere che fanno lo stesso identico lavoro. E da quando gli atti normativi (i decreti-legge ma anche le leggi di bilancio, cioè la quasi totalità delle leggi che la Repubblica approva ogni anno) sono diventati corposi e complessi, assistiamo ad una situazione paradossale: in questa legislatura il 94% delle leggi approvate sono state esaminate solo da un ramo del parlamento, mentre l’altro si è limitato a ratificarle senza modificarle o nemmeno discuterle. Ed è un trend che va avanti da molti anni ormai. Quindi un parlamentare nei fatti può “toccare” solo il 50% delle leggi, quelle che partono dal ramo del parlamento in cui siede. Il rimanente 50% si limita a guardarle, senza poter fare nulla. In una situazione come questa, il Parlamento è quindi diviso, debole, facilmente “fregabile”. Il Partito Liberaldemocratico ha presentato una proposta di legge costituzionale scandalosamente semplice: se oggi abbiamo una Camera da 400 membri e un Senato da 200 membri, perché non facciamo un’unica Assemblea Nazionale da 600 membri? Così, anche a parità di qualità della classe politica, avremo un Parlamento più forte e più autorevole. E allora potremo fare anche le modifiche costituzionali per avere un governo più forte (come l’elezione diretta del premier, e la possibilità di revocare i ministri).

Intervista a Luigi Marattin

RISPOSTA

Il Partito Liberaldemocratico non ha nulla a che fare con l’opposizione di sinistra rappresentata dal Pd (che è un partito radicalmente diverso da quello di Renzi del decennio scorso o persino di Veltroni nel decennio precedente), Movimento Cinque Stelle e Avs. Quest’ultima è un’offerta politica rispettabile, che esiste in tutti i paesi, ma con cui noi non riusciremmo mai a governare. L’idea, infatti, di mettere insieme tutti (anche se la pensano in modo completamente diverso tra loro) per battere “un nemico” non mi appartiene. Lo scopo della politica non è evitare che vinca qualcuno, ma cambiare il Paese con un programma chiaro e coerente. E col Campo Largo noi la pensiamo diversamente su praticamente tutto: dal Jobs Act all’Ucraina, dal fisco alla politica industriale, passando per la giustizia e le riforme costituzionali. E naturalmente su Israele, infatti staremo ben lontani dalla manifestazione del 7 giugno, che si è addirittura rifiutata di inserire nella piattaforma una condanna dell’antisemitismo. Così come la pensiamo in modo radicalmente diverso dalla destra sovranista e populista.

Infatti, come detto più volte, il nostro obiettivo è costruire uno schieramento centrale, autenticamente liberaldemocratico, e alternativo a entrambe queste “curve ultrà” di destra e di sinistra. A quel punto non è detto che ci sia per forza uno stallo: dipende dalla legge elettorale di cui questa Repubblica vorrà dotarsi. Sperando che, una volta tanto, la legge elettorale non venga fatta affinché uno schieramento possa guadagnare un seggio o due, ma sulla base di una attenta valutazione di che tipo di democrazia vogliamo essere.

Intervista a Luigi Marattin

RISPOSTA

Con questo Campo Largo non riesco a immaginarne nessuno. Noi siamo per il nucleare, loro no. Noi siamo per abbassare le tasse al ceto medio, loro per la patrimoniale. Noi siamo per tagliare la spesa pubblica, loro per aumentarla. Noi per mettere a gara i servizi pubblici locali, loro per gli affidamenti in-house alle aziende pubbliche. Noi per differenziare gli stipendi nella scuola a seconda del merito, loro ferocemente contrari. Noi siamo per il Jobs Act, loro hanno fatto un referendum per abolirlo. Noi per il garantismo, loro sono dominati dai giustizialisti. Noi per la fedeltà alle liberaldemocrazie atlantiche, loro hanno ancora riflessi di anti-americanismo da Anni 70.

Che contratto di governo vuole fare in queste condizioni?

Intervista a Luigi Marattin

RISPOSTA

Per arrivare ad una pace tra Israele e Palestina  occorrono due condizioni. Una è far fare ad Hamas lo stesso percorso di abbandono della lotta armata che nel passato hanno fatto l’Ira in Irlanda e, poche settimane fa, il Pkk in Turchia. 

La seconda è che Israele si riappacifichi con tutte i paesi arabi sunniti del Medio Oriente; gli accordi di Abramo, nel 2020, lo hanno fatto con Emirati Arabi e Bahrein. Ora occorre farlo con gli altri, in primis l’Arabia Saudita. Non a caso quando questo obiettivo sembrava a portata di mano, nell’ottobre 2023, Hamas ha sferrato quel criminale attacco a Israele, uccidendo, stuprando e rapendo anche donne, anziani e bambini.


Intervista a Luigi Marattin


RISPOSTA

Se l’Europa vuole avanzare nell’integrazione e competere non dico ad armi pari ma almeno….non impari con Usa e Cina, deve fare quattro cose.

La prima è dotarsi di una struttura istituzionale più simile a quella di uno stato federale. Quindi elezione diretta del presidente della commissione, elezione del parlamento sulla base di una legge elettorale omogenea e di partiti politici europei, attribuzione al parlamento del potere di iniziativa legislativa, trasformazione della Commissione in un vero e proprio governo con ministri e sottosegretari, abolizione del diritto di veto al Consiglio Europeo.

La seconda è delegare all’Unione Europea una serie di competenze che ad oggi sono gestite dagli stati nazionali ma che nel mondo globalizzato non possono che essere gestite a livello sovranazionale: ambiente, energia, difesa, ricerca, migrazione. Per evitare aumenti di tasse, queste funzioni dovrebbero essere finanziate devolvendo al bilancio UE la quota di IVA nazionale che oggi finanzia quelle materie nella loro gestione nazionale.

La terza è fare alcune essenziali riforme economico-finanziarie: completare l’unione bancaria e l’unione del mercato dei capitali, eliminare le barriere interne al mercato unico, creare un safe-asset europeo.

La quarta è iniziare il cammino per la difesa comune: poche storie, se si vuole contare nel mondo occorre avere una forza militare, incluso un deterrente nucleare proprio. E’ impensabile avere domattina un esercito europeo (per il quale servirebbe un’unica autorità politica eletta, che non è all’ordine del giorno), ma sono mille le cose che si possono fare per mettere in comune le filiere di fornitura dell’industria militare e per avviare una vera interoperabilità delle forze armate nazionali.


Intervista a Luigi Marattin

RISPOSTA

Io su questo ho una posizione peculiare. Non penso che per avere il voto dei giovani servano proposte specifiche per i giovani. Anche perché se parlo di riforma dell’università o della scuola, o piani di incentivo alla previdenza complementare per chi entra nel mondo del lavoro, di abolizione degli stage gratuiti o di riforma della dirigenza pubblica per rendere davvero attrattivo il pubblico impiego, non sto parlando solo di cose “per i giovani”, ma di cose utili ai giovani e, quindi, all’intera società italiana.

Io penso che per rendere la politica una cosa attrattiva per un ragazzo o una ragazza, occorrano serietà, coerenza e libertà. I giovani cercano l’esempio, non persone che gli insegnino la vita. E cercano una politica che li lasci liberi di vivere l’impegno pubblico nelle forme e nei contenuti che ritengono più vicini alle loro esigenze e alle loro aspettative. Nel Partito Liberaldemocratico ci sarà un grande protagonismo dei giovani. E una scuola di formazione politica molto seria, con corsi ed esami. Perché di movimenti che pensavano bastasse sostituire facce vecchie con facce nuove (anche se queste ultime non sapevano un accidente di niente) ne abbiamo già avuto abbastanza.


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