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La Generazione Z sfida la politica nazionale

  • Elisa Gallo
  • 25 ott
  • Tempo di lettura: 4 min

Nepal, Perù, Filippine, Madagascar, Indonesia e Marocco. Sono solo alcuni dei paesi attraversati nel mese di settembre dalle rivolte della Generazione z, i giovani nati tra la fine degli anni Novanta e il 2012. Le mobilitazioni vengono organizzate sui social network, favorendo una diffusione rapida e capillare delle informazioni e facilitando l’organizzazione generale. Le proteste sono inoltre accomunate da una richiesta insistente di trasparenza e giustizia sociale, dove i giovani denunciano la corruzione del governo e l’incompetenza delle classi politiche. 

 

In Nepal


gli scontri sono scoppiati a inizio settembre, provocando lo scioglimento del Parlamento e la convocazione di nuove elezioni legislative per il 2026. Inizialmente scoppiate a seguito del blocco dei social network imposto dal governo, in seguito si sono trasformate in una protesta contro la corruzione della classe politica al governo e un sistema imperniato su favoritismi e nepotismo. A seguito delle dimissioni del premier Sharma Oli, i giovani hanno utilizzato la piattaforma Discord (solitamente utilizzata dagl i appassionati di videogiochi) per proporre la figura della nuova premier Sushila Karki, nominata il 14 settembre.


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In Perù


A partire dal 20 settembre, anche il Perù è stato oggetto degli scontri organizzati dai collettivi giovanili della Generazione Z. I giovani contestano le politiche pensionistiche del governo in quanto gravano eccessivamente su questi ultimi, e denunciano la poca trasparenza dell’allocazione delle risorse pubbliche. Anche qui il coordinamento delle rivolte è avvenuto online, estendendosi da Lima ad Arequipa e vedendo una violenta repressione governativa. Il 10 ottobre, a seguito della destituzione di Dina Boluarte, José Jerí è stato nominato presidente ad interim, primo in linea di successione secondo la Costituzione peruviana.


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Filippine, Madagascar e Marocco


Nelle Filippine si contestano invece i progetti pubblici anti-inondazioni, accusati di aver ricevuto i fondi statali senza però essere realizzati. Il 21 settembre dunque, i giovani di Manila e delle altre città principali hanno chiesto maggiore trasparenza e responsabilità della classe dirigente al potere. 


In Madagascar le frequenti interruzioni di acqua ed energia che paralizzano il paese da oltre 15 anni, hanno portato i giovani malgasci ad organizzare sui social delle mobilitazioni in tutto il paese e a sfidare il divieto di assembramento apposto dal governo. In risposta, il presidente Andry Rajoelina ha imposto un coprifuoco, licenziato il ministro dell'energia Jean-Baptiste Olivier e sciolto il governo. Anche qui assume un ruolo centrale la bandiera ispirata al manga giapponese One Piece, già adottato in Nepal come emblema della resistenza contro la corruzione del governo. L’11 e il 12 ottobre gli scontri hanno subito una svolta quando il Capsat (l’unità d’élite dell’esercito) si è unito all’insurrezione contro il governo. Il capo dello Stato si è espresso a riguardo denunciando un tentato colpo di stato in atto, costretto pertanto alla fuga con l’intensificarsi degli scontri. Il caso diviene emblematico se si considera che nel 2009 fu lo stesso Capsat a favorire il golpe che ha portato Rajoelina al potere. Il 14 ottobre inoltre, il comandante del Capsat Michael Randrianirina è diventato il nuovo presidente del Madagascar, a seguito del giuramento davanti alla Corte costituzionale malgascia.


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Dal 27 settembre il Marocco è attraversato dalle proteste dei giovani della “Generazione Z 212” (il nome richiama l’appartenenza generazionale e il prefisso telefonico marocchino), i quali denunciano la corruzione del governo e richiedono maggiori investimenti nel settore della sanità e dell’istruzione. Il movimento si è diffuso grazie all’intervento dei collettivi giovanili sulle piattaforme online quali Discord, Tiktok e Instagram a seguito della morte di otto donne durante interventi chirurgici da taglio cesareo in un ospedale pubblico di Agadir. Il malcontento (analogamente alle proteste in Perù) risulta aggravato dalle scelte circa l’allocazione delle risorse pubbliche, destinate alla costruzione di infrastrutture calcistiche in vista della Coppa d’Africa e dei Mondiali di calcio del 2030.

 

Da Rabat a Giacarta, la Generazione Z si sta dunque affermando come protagonista del cambiamento politico globale, riflettendo una trasformazione generazionale ormai in atto, dove i giovani chiedono di costituire parte attiva del futuro del paese e del dibattito pubblico che determinerà le scelte di domani.


Anche l’Italia si schiera:


A seguito delle operazioni di abbordaggio da parte di Israele alle barche della Flotilla, le mobilitazioni si sono rapidamente diffuse nelle città italiane a sostegno della missione umanitaria. Napoli ha visto un blocco del traffico ferroviario a causa dell’occupazione dei binari della stazione Centrale. La stazione di Roma Termini è stata invece cinturata in vista del presidio di piazza dei Cinquecento. Chiuso anche l’ingresso della stazione di Torino Porta Nuova, dove il corteo ha proseguito fin sotto la sede della Rai. A Milano è stata invece occupata la stazione di Cadorna, dove i manifestanti hanno ribadito la complicità del Governo e del Capo di Stato. Anche Piazza Maggiore ha risposto all’appello in supporto della missione umanitaria, con l’intenzione di prolungare l’occupazione. Episodi simili si sono registrati anche a Cagliari, Livorno e Genova. Tanto nelle proteste della Generazione Z quanto nelle manifestazioni pro-Pal in Italia, i protagonisti sono principalmente i giovani. Se da un lato però le richieste concernono migliori condizioni sociali, dall’altro l’attenzione si concentra sull’orientamento del Governo circa la questione palestinese.


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A livello globale, la repressione delle manifestazioni in Nepal, Perù, Filippine, Madagascar, Indonesia e Marocco si è rivelata decisamente più violenta. In Italia, diversamente, la solidità istituzionale e le maggiori garanzie della libertà di manifestazione, hanno determinato una repressione meno brutale nella maggior parte dei casi. Tuttavia, sebbene gli scontri a supporto della Flotilla siano stati oggetto di un’ampia copertura mediatica, le proteste della Generazione Z attirano l’attenzione dei media principalmente nei casi in cui degenerano in episodi drammatici, in un evidente tentativo di strumentalizzazione. Ad ogni modo, il ruolo dei social network si conferma cruciale nei contesti di crisi affrontati, configurando uno strumento in grado di ridurre drasticamente la distanza tra gli attori sociali e di influenzare le sorti delle nazioni coinvolte.

 
 
 

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