La Nuova Via della Seta passa da Teheran, ma si scontra con Gerusalemme
- Mario Mariano
- 27 giu
- Tempo di lettura: 4 min

Il baricentro della nuova geoeconomia
La Belt and Road Initiative (BRI), lanciata da Pechino nel 2013, è oggi più che mai una cartina tornasole della frattura crescente tra il mondo occidentale e le nuove potenze mondiali in via di sviluppo. In questo scenario, l’Iran si configura come snodo strategico per la BRI grazie alla sua posizione geografica tra l’Asia Centrale, il Golfo Persico e il Caucaso. Tuttavia, questa traiettoria si scontra frontalmente con p interessi logistici, tecnologici e finanziari di Israele – un alleato chiave dell’Occidente e hub avanzato per le supply chain e i capitali.
Il risultato è un’intersezione esplosiva tra infrastrutture, finanza e conflitti: dove la Cina cerca continuità economica, il Medio Oriente produce attrito strategico.
Ma cos’è la Belt and Road Initiative?
La BRI è un ambizioso progetto infrastrutturale globale lanciato da Xi Jinping che ingloba 140 paesi, comprendendo il 75 % della popolazione mondiale e più della metà del PIL globale. Essa comprende sei corridoi economici principali, sia via terra che mare, destinati a ridurre i costi logistici, integrare economie e potenziare l’export cinese.
Teheran snodo logistico della BRI
Nel cuore della BRI, l’Iran rappresenta un collegamento fondamentale per il corridoio che punta a unire il mercato cinese con l’Europa evitando i chokepoints marittimi controllati da potenze ritenute ostili. Il corridoio tra i due paesi, recentemente rafforzato con nuovi treni merci, è strategico per aggirare il canale di Suez e lo stretto di Hormuz, entrambi ad alta vulnerabilità geopolitica.
Il patto venticinquennale firmato nel 2021 tra Teheran e Pechino prevede investimenti sino a 400 miliardi di dollari in settori chiave: energia, trasporti e digitalizzazione.
I porti iraniani di Chabahar e Bandar Abbas sono sempre più al centro di questo disegno, con il supporto della Cina per lo sviluppo di infrastrutture intermodali che puntano ad assicurare egemonia per quanto riguarda il mercato tra oriente ed occidente.

Israele: tecnologia e infrastrutture sotto influenza occidentale
Israele rappresenta uno dei maggiori hub tecnologici mondiali, nonché uno snodo della finanza internazionale. L’integrazione completa nel sistema SWIFT e l’accesso privilegiato ai mercati dei capitali globali contrastano fortemente con l’isolamento finanziario dell’Iran. Questo dualismo rende ogni passaggio logistico e finanziario nella regione un potenziale detonatore.
Il porto di Haifa, per anni sotto gestione cinese, è oggi oggetto di revisione strategica da parte di Washington, che teme infiltrazioni tecnologiche nella sicurezza militare.
Il nodo marittimo e la “shadow fleet” iraniana
Con l’Iran ancora sottoposto a sanzioni da parte di Stati Uniti e Unione Europea, Teheran ha potenziato una “shadow fleet” di petroliere. Secondo S&P Global, più del 18% delle navi cisterna globali operano oggi in condizioni opache: cambi di bandiera, trasponder spenti, società offshore.
Questa rete consente a Teheran di esportare idrocarburi verso Cina, Siria e Venezuela, eludendo controlli e incassando miliardi. Tali fondi vengono spesso canalizzati verso il finanziamento di proxy regionali (come Hezbollah o Houthi), alimentando l’instabilità. Gli incidenti ambientali e i rischi per la sicurezza marittima sono in forte aumento, come confermato dal caso della MT Pablo nel Golfo Persico.
SWIFT, CIPS e il grande decoupling finanziario
Nel frattempo, la finanza internazionale si polarizza. L’Iran è escluso dallo SWIFT, mentre la Cina promuove il proprio sistema alternativo, il CIPS (Cross-Border Interbank Payment System), che nel 2023 ha gestito oltre 17 trilioni di dollari in transazioni RMB.
In parallelo, l’Iran ha co-fondato ACUMER, un sistema regionale per i pagamenti intra-asiatici sotto l’ombrello dell’Asian Clearing Union. Anche i paesi facenti parte del BRICS spingono il progetto BRICS Pay, con l’obiettivo dichiarato di ridurre la dipendenza dal dollaro nei pagamenti cross border.
Questi sistemi sono ancora complementari, ma nel lungo termine potrebbero sostituire la rete occidentale nei mercati emergenti, segnando un cambio strutturale nella finanza globale.
Convergenze e collisioni
Pechino cerca di restare neutrale nelle tensioni tra Iran e Israele, ma la sua stessa BRI è oggi ostacolata dalla geografia dei conflitti. Le rotte terrestri attraverso Teheran offrono risparmio e resilienza, ma portano con sé rischio politico. Diverse le rotte marittime che toccano Israele: garantiscono più sicurezza dal punto di vista delle assicurazioni e degli standard internazionali, ma sono più esposte all’instabilità regionale e al controllo statunitense. In questa dinamica, la logistica diventa un’estensione della diplomazia, e la finanza uno strumento di pressione.
La frammentazione della governance commerciale è una realtà sempre più evidente.
La nuova geopolitica della supply chain
Il futuro della Belt and Road Initiative, e della stessa globalizzazione, si gioca in Medio Oriente. Teheran e Gerusalemme incarnano due modelli opposti: l’uno alternativo e sanzionato, l’altro iper-connesso ma subordinato a vincoli geopolitici.
La finanza multipolare, la logistica duale e il commercio “a blocchi” sono la nuova normalità. La Via della Seta del XXI secolo non è più una strada lineare: è una rete fatta di tensioni, bypass e adattamenti strategici. E ogni deviazione racconta una guerra economica che non ha ancora trovato una soluzione politica.
La nuova via della seta
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